La proposta di legge, oltre che un pericolo per la libertà di pensiero e di espressione, pone seri elementi di incostituzionalità. Ecco quali
La legge anti-omofobia, che alcuni, anche tra i parlamentari cosiddetti cattolici, auspicano sia al più presto approvata dal nostro Parlamento, è una legge inutile, perché i mezzi di tutela nei confronti degli eventuali abusi subiti dalle persone omosessuali sono già ampiamente previsti dal nostro ordinamento giuridico.
Tale legge, però, oltre a essere inutile, evidenzia un chiaro intento ideologico.
Il progetto di legge anti-omofobia, anche dopo l’emendamento che è stato effettuato e che ha espunto i riferimenti all’orientamento sessuale e all’identità di genere, non muta lo scopo sostanziale del provvedimento, che è quello di promuovere una funzione pedagogica e se è il caso rieducativa del popolo italiano, affinché giunga a considerare l’omosessualità un modo come un altro di vivere la sessualità e prenda finalmente atto che non esiste una “normalità”, perché non esiste una “natura umana”.
Questa legge che non ha alcuna urgenza e gravità sociale tale da essere inserita tra i primi provvedimenti all’esame del nuovo Parlamento, invero, è parte integrante di una strategia, che ha come obiettivo finale l’inserimento, in modo articolato, nell’ordinamento giuridico italiano, del matrimonio tra persone omosessuali e l’estensione, a questi, del diritto di adozione di minori.
L’approvazione di tale legge, come ho sostenuto qualche tempo fa, è il primo step per giungere a tale fine.
Per raggiungere più facilmente tale scopo, i promotori hanno ritenuto di innestare il progetto di legge anti omofobia su una legge speciale già esistente: la cd. “legge Mancino” n. 122/1993, modificativa della legge n. 654/1975, che ha recepito nel nostro ordinamento la Convenzione di New York del 1966 sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale.
A tale legge – che prevede forti sanzioni penali di tipo detentivo e accessorio a chi diffonde, incita a commettere, o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi e che vieta, tra l’altro, ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per i motivi suddetti, – si è pensato di aggiungere altre due “categorie protette”: quelle afferenti all’omofobia e alla transofobia.
Tali due nuove categorie che si intende inserire nella legge Mancino, oltre che evidenziare un vero e proprio pericolo per la libertà di pensiero e di espressione, pongono, tra l’altro, seri elementi di incostituzionalità della proposta di legge, che di seguito esaminiamo.
È utile, inizialmente, chiarire che i termini – omofobia e transfobia – hanno un’accezione incerta e comunque non prevista dal nostro ordinamento giuridico, il cui contenuto sarà determinato e non solo interpretato, dall’applicazione giurisprudenziale, con evidenti rischi di pronunce radicalmente difformi, a causa del significato discrezionale che di volta in volta l’autorità giudiziaria darà a tali termini.
- Ciò individua una prima questione di costituzionalità e chiama in causa il principio di tassatività, direttamente collegato all’articolo 25 della Carta costituzionale. Viene, infatti, abbandonato un sistema penale fondato, per senso di realtà e garanzia, su dati oggettivi e diventano penalmente rilevanti, con conseguenze non lievi, viste le sanzioni in discussione, categorie non definite – per l’appunto, omofobia e transfobia –, la cui area di applicazione è ad alto rischio di arbitrarietà.
Oltre alla violazione del principio di tassatività per incertezza sull’oggetto effettivamente tutelato, le disposizioni progettate rischiano di violare il principio di tassatività anche sotto il profilo dell’idoneità descrittiva della proposizione normativa. I concetti di omofobia e transfobia non hanno precisione descrittiva e quindi risulta non chiaramente delimitato l’ambito dell’intervento punitivo. - Un’estensione così ampia della fattispecie incriminatrice chiama in causa l’articolo 21 della Costituzione, che tutela la manifestazione libera del proprio pensiero. Potrebbe, infatti, essere incriminato discrezionalmente da un giudice, secondo il dettato di tale legge, anche chi manifestasse l’opinione dell’esistenza in natura di maschio e femmina e della necessità che il diritto positivo sia fondato sul diritto naturale e ciò anche se tale opinione fosse esplicitata nell’assoluto rispetto di tutti, senza tradursi in alcuna condotta denigratoria, o comunque intrinsecamente illecita.
- Proprio per i contorni incerti dei termini omofobia e transofobia, analogo richiamo va operato riguardo all’articolo 19 della Costituzione, con riferimento alle confessioni religiose, il cui insegnamento si basa sulla distinzione dei sessi derivante dalla natura. Il testo della legge in esame non impedirebbe in alcun modo, che talune azioni di tipo apostolico e catechistico di promozione della famiglia eterosessuale fondata sul matrimonio, che ponessero riserve nei confronti delle unioni tra persone omosessuali, rischino di tradursi in quella “propaganda” che è sanzionata dalla combinazione fra le nuove disposizioni e quelle delle leggi 122/1993 e 654/1975.
- Un altro contrasto della legge è con l’articolo 18 della Costituzione che consente ai cittadini di associarsi liberamente. Il progetto di legge, invero, prevede alcune misure – sequestro, confisca dei beni, fino a giungere allo scioglimento – nei confronti di quelle associazioni i cui componenti siano condannati dalla nuova normativa.
- Il testo, ancora, si pone in evidente contrasto anche con l’articolo 33 della Costituzione, che prevede la libertà di insegnamento. L’abnorme dilatazione delle fattispecie penali – esito delle nuove disposizioni che inseriscono i termini omofobia e transfobia, privi di un contenuto certo – pone a rischio la libertà di ricerca e d’insegnamento. Studi e/o terapie psicologiche, ad esempio, che avessero l’intento di risolvere il disagio di chi fosse orientato verso persone del medesimo sesso, finirebbero certamente per rientrare sotto il cono di attenzione della magistratura. Esistono, infatti,
studi seri di psicologia, che insegnano che l’orientamento verso le persone del medesimo sesso è qualcosa da affrontare con equilibrio e delicatezza, sapendo che provoca non poco disagio in chi lo vive; ma, anche, che si tratta di una condizione che può essere positivamente risolta, superando situazioni difficili, come in più di un caso è accaduto.
- L’inserimento dell’estensione nella “legge Mancino” dell’omofobia e transfobia, confligge con gli articoli 13 e 3 della Costituzione, nel punto in cui prevede, in aggiunta alla sanzione principale, la sanzione accessoria dell’attività in favore di associazioni di volontariato, comunque con finalità sociali, sotto un duplice profilo: a) si tratta di lavoro non retribuito, che dunque si traduce in una ingiustificata limitazione della libertà della persona, posto che interviene quando la pena inflitta è già stata espiata (si segnala in proposito che anche il lavoro prestato negli istituti penitenziari è retribuito); b) quell’attività potrebbe essere imposta anche alle dipendenze di associazioni a tutela delle persone omosessuali, come era nella prima stesura del testo base e come non è in alcun modo escluso dalla nuova versione: questa sorta di contrappasso aggiornato è ulteriormente limitativo, oltre che della libertà fisica, anche di quella di opinione.
- L’innesto delle nuove disposizioni avviene formalmente sugli articoli della legge n. 654 del 13 ottobre 1975, a sua volta di ratifica e di esecuzione della convenzione contro le discriminazioni razziali, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966. Le disposizioni contenute in una legge di ratifica devono muoversi lungo i binari dell’atto internazionale sottoscritto, cui si dà applicazione nell’ordinamento nazionale. Come per le leggi di conversione dei decreti legge costituisce orientamento consolidato della Corte Costituzionale il principio di congruità fra le modifiche apportate in sede di conversione rispetto all’oggetto originario del decreto legge, con la conseguenza che norme pur costituzionalmente legittime cadono sotto la censura della Consulta perché extra ordinem rispetto alla stesura iniziale del decreto, e come un decreto legislativo non può discostarsi dai principi e dai criteri indicati nella legge di delega, a pena – anche in tal caso – d’incostituzionalità, alla stessa maniera una legge di ratifica di una convenzione internazionale non può estendere la propria sfera di applicazione verso ambiti non presi in considerazione dal provvedimento concordato fra gli Stati firmatari. Nel caso specifico, oggetto della convenzione è la eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale: si tratta di un tema ben diverso dalla discriminazione su base omofoba o transfoba.
Vi è pertanto un evidente conflitto con gli articoli 10 e 11 della Costituzione, essendo violato il principio, insito in tali disposizioni, del corretto recepimento delle convenzioni e dei trattati internazionali attraverso gli strumenti normativi dell’ordinamento interno: è evidente nel caso in esame l’impropria estensione della convenzione di New York a un ambito neanche lontanamente immaginato dai sottoscrittori di quell’atto.
La proposta di legge anti-omofobia proprio perché s’innesta sulla legge Mancino, risente di tutti i rilievi d’incostituzionalità anzidetti, ed è, dunque, inaccettabile.
È, pertanto, da contrastare in modo radicale una sua approvazione, non essendo sufficienti a evitare abusi nella sua applicazione, neppure eventuali emendamenti che prevedano clausole di garanzia, poiché proprio l’indeterminatezza dei termini omofobia e transfobia lascerebbe, comunque, ampia discrezionalità ai giudici di riempire di contenuto e di interpretare tali categorie non definite dal nostro ordinamento giuridico, in modo gravemente lesivo della libertà di pensiero e di espressione, esponendo i “buoni” a un costante e defatigante (e costoso) contenzioso.
Non bisogna, infine, dimenticare che questa proposta di legge liberticida è la prima tappa di un processo di rieducazione del popolo italiano verso una sessualità liquida che mira a cambiare le basi della convivenza sociale depotenziando la famiglia.
Papa Francesco, però, intervistato dalla radio diocesana di Rio de Janeiro, ha ricordato a tutti che: «La famiglia è importante, è necessaria per la sopravvivenza dell’umanità. Se non c’è la famiglia, è a rischio la sopravvivenza culturale dell’umanità. La famiglia, ci piaccia o no, è la base».