La sentenza n. 9006/2021 delle Sezioni Unite della Cassazione dà il via libera alla trascrizione in Italia dell’adozione all’estero da parte di due uomini.
Continua il processo di ridefinizione della famiglia, iniziato dal ’68.
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Indice
- Processo di ridefinizione della famiglia
- L’unione matrimoniale non è più l’unico modello per adottare i minori.
- Prosegue il processo di ridefinizione della famiglia.
- Il ruolo dei giudici in Italia per la ridefinizione della famiglia.
- L’adozione gay mezzo per la ridefinizione della famiglia
- La sentenze della CEDU a favore dell’omogenitorialità
- Il pressing del Parlamento Europeo
- Le sentenze nn. 32 e 33/2021 della Consulta aprono un’altra breccia a favore di una ridefinizione della famiglia.
- I principi enunciati dalla recente sentenza della Cassazione n. 9006/2021
- Cass. 9006/2021: Sentenza di regime!
- Tappe del processo giuridico alla ridefinizione della famiglia.
- La riforma della filiazione (L. 219/2012).
- La legge sulla continuità affettiva L. 173/2015.
- La legge sulle unioni civili, L. 76/2016.
- Conclusione
Processo di ridefinizione della famiglia
È in atto ormai da tempo un processo di ridefinizione della famiglia. Tale processo è, senz’altro culturale, ma si serve del diritto come strumento per la sua attuazione.
La sentenza della Cassazione n. 9006/21si pone in questo solco.
Di seguito qualche breve considerazione.
L’unione matrimoniale non è più l’unico modello per adottare i minori.
L’unione matrimoniale, soprattutto dopo la sentenza della Cassazione n. 9006/21, non è più l’unico modello adeguato per la nascita e la crescita dei figli minori.
È questo il principio che le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 9006 del 31 marzo 2021, hanno sancito.
Può, infatti, essere attribuito – secondo la Cassazione – lo status di genitori adottivi anche a una coppia formata da persone dello stesso sesso.
La Cassazione ha, difatti, stabilito, con questa sentenza a Sezioni Unite, l’ammissibilità della trascrizione del provvedimento di adozione formatosi all’estero per una coppia dello stesso sesso.
Prosegue il processo di ridefinizione della famiglia.
Tale sentenza, come detto, è un ulteriore tassello di quel processo di decostruzione della famiglia, che dal ’68, una certa magistratura sta propiziando.
Dal ’68, infatti, e con sempre maggiore forza negli ultimi quindici anni, è in corso un tentativo di ridefinizione della famiglia da parte delle Corti di giustizia europee, che, mediante decisioni giurisprudenziali “creative” hanno propiziato un percorso ideologico che ha influenzato anche le Corti di giustizia nazionali a favore di un nuovo modello sociale di famiglia.
La Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU) di Strasburgo – pur non essendo, com’è noto, un organo dell’Unione Europea – ha una grande parte in questa rivoluzione antropologica.
Il ruolo dei giudici in Italia per la ridefinizione della famiglia.
Il potere giurisdizionale ha un ruolo decisivo in Italia, come in altri Paesi, per propiziare una svolta antropologica della società.
È in corso, infatti, da anni, una strategia giudiziaria che, interpretando in modo creativo alcune leggi, soprattutto quelle riferite agli status e ai rapporti di famiglia, sta svolgendo un’opera di supplenza e di pressione sul Legislatore, che, così, è indotto a declinare in provvedimenti legislativi alcuni orientamenti creativi delle corti.
In tale prospettiva, la madre di tutte le sentenze – che ha aperto un varco al riconoscimento, a favore dei componenti delle coppie omosessuali, alla titolarità del diritto alla vita familiare – è stata la sentenza della Corte Costituzionale 15 aprile 2010, n. 138, citata per ben 2 volte dalla sentenza della Cassazione n. 9006/2021.
Tale sentenza, pur ribadendo l’unicità del modello costituito dalla famiglia eterosessuale fondata sul matrimonio, ha sancito il diritto dei «componenti della coppia omosessuale, quali titolari del diritto alla “vita familiare”, di adire i giudici comuni per far valere, in presenza di “specifiche situazioni”, il diritto ad un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata».
La Consulta, per la prima volta, con la citata sentenza n. 138/2010, ha affermato che deve comprendersi tra le “formazioni sociali”, di cui all’articolo 2 della Costituzione, anche «l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso».
L’adozione gay mezzo per la ridefinizione della famiglia
In linea con questa questa indicazione giurisprudenziale, vi è stato negli ultimi anni un filone giurisprudenziale che ha determinato un’accelerazione del processo di ridefinizione dell’istituto familiare.
Tale filone è quello afferente all’adozione gay, o omogenitoriale, come tecnicamente è detta, a cui la sentenza della Cassazione n. 9006/2021, che stiamo esaminando, ha spianato, nell’ordinamento italiano, la strada.
I preludi dell’adozione gay, in Italia erano emersi già nel 2014, con alcune sentenze del Tribunale per i Minorenni di Roma e di qualche altro organo giurisdizionale.
La sentenze della CEDU a favore dell’omogenitorialità
Tali provvedimenti giurisdizionali hanno risentito del pressing che hanno compiuto le sentenze della Corte dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo.
Tali sentenze della CEDU, nonostante quanto stabilito dall’art. 12 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, e cioè che “l’uomo e la donna hanno diritto di sposarsi e fondare una famiglia”, hanno statuito che costituisce discriminazione non riconoscere alle unioni delle persone dello stesso sesso lo stesso status del matrimonio e quindi anche il diritto all’adozione.
In tal senso è stata determinante, perché ha condizionato le Corti italiane, la pronuncia della Grande Camera, sempre della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, che il 19 febbraio 2013, nel caso X e altri c. Austria (pronuncia ovviamente citata dalla sentenza Cass. 9006/2021), che ha affermato che:
“la relazione esistente tra una coppia omosessuale che convive di fatto in maniera stabile rientra nella nozione di vita famigliare così come quella di una coppia eterosessuale che si trova nella stessa situazione”.
È da rilevare a tal proposito, tuttavia, che il concetto di vita privata e familiare ex art. 8 CEDU, è inteso dalla CEDU in modo elastico, per cui in tale ambito può rientrare di tutto, anche l’adozione di un minore da parte di una coppia omosessuale.
Il pressing del Parlamento Europeo
Al pressing delle Corti di giustizia europee è da tener presente, che anche il Parlamento europeo in diverse risoluzioni, ha raccomandato agli Stati membri di non interporre ostacoli al matrimonio di coppie omosessuali, garantendone la genitorialità, attraverso la possibilità di adottare e ricevere in affidamento minori, e attribuendo loro gli stessi diritti spettanti alle tradizionali famiglie eterosessuali fondate sul matrimonio.
Tali orientamenti, infatti, hanno trovato accoglienza anche dalle Corti di giustizia italiane. E, ovviamente, anche dalla recente sentenza della Cassazione, che stiamo esaminando.
Preludio e ancoraggio giurisprudenziale della tale sentenza della Cassazione n. 9006/2021 è stata la sentenza della stessa Corte, (Cass. n. 601/2013) che chiamata a pronunciarsi sull’affidamento esclusivo del figlio minore alla madre convivente con un’altra donna, aveva statuito la legittimità del suddetto affidamento, precisando che crescere in una famiglia omosessuale non può avere ripercussioni negative sullo sviluppo del minore se questo non viene provato con dati scientifici.
Le sentenze nn. 32 e 33/2021 della Consulta aprono un’altra breccia a favore di una ridefinizione della famiglia.
La Corte Costituzionale per mezzo delle recentissime sentenze n. 32 e 33 del 9 marzo 2021 aveva, tra l’altro, aperto, anch’essa, un’altra breccia verso la ridefinizione della famiglia.
Ha indicato, infatti, al Parlamento la riscrittura delle previsioni dello status filiationis e una nuova tipologia di adozione che garantisca tempestivamente la pienezza dei diritti dei nati da fecondazione artificiale.
La Consulta ha, per giunta, fatto riferimento al miglior interesse del minore e alla valorizzazione della genitorialità sociale, se non coincidente con quella biologica – sostenendo sorprendentemente – poiché il dato genetico non sarebbe requisito imprescindibile della famiglia».
I principi enunciati dalla recente sentenza della Cassazione n. 9006/2021
La recente sentenza della Cassazione, in tale stato di cose, ha, così, espresso i seguenti principi.
Per quanto riguarda la nozione di ordine pubblico internazionale, nel caso di specie assumono particolare rilievo:
- l’autodeterminazione e le scelte relazionali del minore e degli aspiranti genitori;
- il preminente interesse del minore;
- il principio di non discriminazione rivolto sia a non determinare ingiustificate disparità di trattamento nello status filiale dei minori, sia a non limitare la genitorialità esclusivamente sulla base dell’orientamento sessuale della coppia richiedente;
- il principio solidaristico che è alla base della genitorialità sociale. Affermando che l’ininfluenza dell’orientamento sessuale nelle controversie riguardanti l’affidamento dei minori e la responsabilità genitoriale costituiscono un approdo fermo nella giurisprudenza di legittimità.
Inoltre la Cassazione ha ritenuto che vi sia una mancanza di riscontri scientifici sulla inidoneità genitoriale di una coppia formata da persone dello stesso sesso.
E ha concluso affermando che non contrasta con i principi di ordine pubblico internazionale il riconoscimento degli effetti di un provvedimento giurisdizionale straniero di adozione di minore da parte di coppia omoaffettiva maschile.
Cass. 9006/2021: Sentenza di regime!
Se taluni, autorevolmente hanno definito la sentenza della Cassazione n. 9006/2021 una sentenza ideologica, discriminatoria e che apre la strada alla maternità surrogata, noi riteniamo che possa definirsi anche una sentenza di regime.
Tale sentenza, infatti, descrivessi inserisce, a pieno titolo nel processo giuridico che nel corso degli ultimi anni ha attuato una vera e propria ridefinizione della famiglia, descritto nel libro: La famiglia in Italia dal divorzio al gender.
Dal ’68, infatti, il fronte libertario ha trovato come compagni di strada, anche, taluni giudici, che attuando un’interpretazione evolutiva, creativa e “convenzionale” del diritto, pongono loro stessi come motore del cambiamento sociale, pretendendo di leggere nella legge ciò che nella legge non c’è, ma che vorrebbero tanto che ci fosse.
Il giudice, però, come sappiamo, non esiste per modellare la società futura, ma per tutelare quella esistente.
Se, pertanto, il Parlamento aveva deciso, con la legge sulle unioni civili, di frenare sull’adozione same sex, sono i giudici, tuttavia, che ora impongono al legislatore la linea.
Tappe del processo giuridico alla ridefinizione della famiglia.
La sentenza Cass. 9006/21 è indubbiamente il frutto di un percorso giuridico le cui tappe propedeutiche sono state:
- la riforma della filiazione (L. 219/2012);
- la legge sulla continuità affettiva L. 173/2015;
- la legge sulle unioni civili, L. 76/2016.
La riforma della filiazione (L. 219/2012).
La Legge 10 dicembre 2012, n. 219, con l’unificazione dello status di figlio, il Parlamento ha dato una svolta essenziale per una ridefinizione dell’istituto familiare.
Il principio di unicità dello stato di filiazione
Tale legge, ha avuto un ruolo fondamentale alla ridefinizione della famiglia, infatti, «ha proclamato il principio dell’unicità dello stato di filiazione» e dunque, il venir meno della distinzione tra figli legittimi e naturali.
Tale principio condivisibile in sé, ha avuto il chiaro obiettivo di deostruire e ridefinire l’istituto familiare.
Il superamento, infatti, di tale distinzione, salutata da molti con favore, ha propiziato un sotteso depotenziamento dell’istituto del matrimonio.
Si è realizzata, infatti, quella separazione tra filiazione e matrimonio in forza della quale la condizione giuridica del figlio è tutelata in ogni ordine di rapporti come valore autonomo e indipendente dal vincolo eventualmente esistente tra i genitori.
La separazione tra filiazione e matrimonio è, così, l’attuazione di un progetto teso a svuotare di contenuto l’istituto matrimoniale.
Il vero fine della riforma della filiazione non è stato, infatti, quello di concedere la stessa dignità ai figli naturali, rispetto a quelli legittimi, già riconosciuta, peraltro, dalla legge, bensì quello di rendere irrilevante l’istituto del matrimonio;
Se prima ci si sposava, anche, per legittimare il proprio figlio, oggi “sposarsi non serve più a niente, i figli nati dentro e fuori del matrimonio sono tutti legittimi allo stesso modo, i patti di convivenza appena approvati sono un ulteriore passo in avanti, e l’equiparazione tra coppie sposate e coppie di fatto è qualcosa di acquisito[1]“
La legge sulla continuità affettiva L. 173/2015.
Altra legge importante in tale processo è il nuovo comma 5 bis dell’art. 4 l. adoz., introdotto dall’art. 1 l. n. 173/2015, che stabilisce che, nel rispetto dei requisiti previsti dall’art. 6 l. adoz., il tribunale per i minorenni, nel decidere sull’adozione, «tiene conto dei legami affettivi significativi e del rapporto stabile e duraturo consolidatosi tra il minore e la famiglia affidataria».
Non si discutono i buoni propositi del legislatore, idonei a venire incontro al “superiore interesse del minore”, ma non possiamo, tuttavia, non scorgere il pericoloso vulnus che è stato inferto, con l’approvazione di questa legge, all’istituto dell’adozione con conseguenze pericolose per la sua struttura e per il “superiore interesse del minore”.
Il nuovo comma 5 bis dell’articolo 4 l. adoz., introdotto dall’articolo 1 l. n. 173/2015 è diventato il “cavallo di Troia”, per aprire più facilmente il nostro ordinamento, dapprima all’affidamento di minori a persone omosessuali singole e/o in coppia e in seguito – per mezzo d’interpretazioni creative delle Corti di giustizia, che utilizzeranno, da principio, sempre con più frequenza l’escamotage dell’adozione in casi particolari (art. 44, L. 184/1983) – giungere al definitivo superamento del limite posto dall’articolo 6 della Legge 184/1983, che consente attualmente l’adozione solo a coppie regolarmente coniugate.
La legge sulle unioni civili, L. 76/2016.
La legge sulle unioni civili ha un grande rilievo perché, a parte il carattere vessillare e simbolico che riveste, è una nuova e importante tappa di quel processo di ridefinizione della famiglia iniziato negli anni Sessanta del secolo scorso.
Estendere i benefici previsti per il matrimonio ad altre forme di convivenza, come stabilisce la legge in esame, svilisce il significato della preferenza costituzionale per la famiglia e apre la porta a un depotenziamento dell’istituto familiare.
E ora quale sarà la prossima tappa? Ce lo dice una giornalista-scrittrice politically correct:
«E adesso che la legge è legge le prossime frontiere dei diritti civili appaiono essere le adozioni per le coppie dello stesso sesso, qualcosa che oggi sembra molto lontano dalla realtà del Parlamento, ma molto vicino alla realtà di tutti i giorni. E anche a quella dei tribunali»[2].
Conclusione
Le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 9006 del 31 marzo 2021 hanno aperto un varco significativo verso l’approvazione dell’adozione gay e implicitamente anche a quella della maternità surrogata, o utero in affitto.
Preoccupa in questo processo di ridefinizione dell’istituto familiare, supino all’esaltazione dei cosiddetti “nuovi diritti“, l’omologazione delle Corti nostrane al diktat delle Corti europee.
È ragionevole che la Suprema Corte giurisdizionale italiana debba – sempre e comunque – dare incondizionato ossequio alle Corti europee, omologandosi ad esse nelle sue decisioni?
È doveroso recuperare, invece, anche sul piano giuridico, finché siamo ancora in tempo, quella specificità, propria dell’ethos italiano, che affonda le sue radici in un’eredità cristiana consapevolmente vissuta e responsabilmente accolta.
Non meritiamo di essere sudditi di colonizzazioni ideologiche e (im)morali che giungono da una certa Europa!
Recuperiamo la nostra specificità e sovranità, anche giuridica.
Il Parlamento recuperi il suo ruolo e i giudici non si facciano legislatori.
[1] Cfr. M. N. De Luca, Non vi dichiaro più marito e moglie. 2031, l’anno zero dei matrimoni, in la Repubblica, 7 luglio 2016, p. 20.
[2] A. Arachi, Prefazione, Le nuove famiglie. Unioni civili e convivenze. Che cosa cambia per le coppie italiane. Le norme spiegate una per una. I problemi aperti, Instant Book Corriere della Sera, 2016.
[…] Qui delle brevi considerazioni a commento della sentenza. […]
[…] Se i giudici disintegrano la famiglia. […]
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